Quando le viscere della terra
nelle loro profondità si cheteranno
in un’apparente tregua che le affranchi
dal tempo dei sobbalzi, dei sussulti e degli squarci,
dell’ondulare, del subbugliare e dello schiantarsi
di arcaici elementi che forgiano
il perenne divenire delle cose,
forse allora le genti riconquisteranno
la sensazione di benessere della stasi,
brameranno agognate certezze,
benediranno il quotidiano ripetersi
d’ogni cosa che dà senso alla vita
e la rassicurante stabilità di un’esistenza
dedita alla pace e alla gioia di essere,
ognuno a suo modo tra la terra e il cielo.
P@R
Nel 10° anniversario del terremoto dell’Aquila